E
venne l'ultimo giorno delle più disastrate vacanze di Natale mai
viste.
Bilancio.
Siamo entrati in queste ferie con: la Princi riportata di peso in
comunità dopo il suo grave colpo di testa, mio padre in fin di vita,
il cane con un occhio glauco e gonfio. Usciamo da queste vacanze con:
la Princi in comunità, mio padre in fin di vita, il cane senza un
occhio.
Il
periodo intermedio si divide in due. Prima del 2 gennaio, e dopo il 2
gennaio.
Inizialmente
c'è stata solo la sensazione, fin troppo ovvia, che un uragano di
sfiga in buona parte assolutamente gratuito si fosse appena abbattuto
sulle nostre spiagge, e che fosse impossibile decidere le priorità
da cui ripartire, in mancanza di un'unità di crisi funzionante.
Questo è stato vero soprattutto per le prime giornate, in cui l'Uomo
doveva ancora occuparsi di Hastiwood e io ero appena stata
paracadutata di nuovo nell'incubo dell'andare e venire dal letto di
mio padre al resto della mia vita.
Poi,
almeno, io e l'Uomo eravamo insieme. E allora, prima del 2 gennaio,
abbiamo fatto del nostro meglio per essere noi stessi la nostra unità
di crisi, assumendo il mio metodo: eliminare più cose possibile,
ridursi all'osso, curare la sopravvivenza da un'ora all'altra.
Devo
dire che, dopo anni di manrovesci della sorte, soprattutto per quanto
riguarda la salute di mio padre, sono abbastanza capace di cogliere i
segnali di cedimento e prevenirlo, o tamponarlo se è inevitabile. Da
cui le mie asserzioni, come: “Io non posso portare il cane a farsi
operare. Perchè devono TOGLIERLE UN OCCHIO e io sono sicura che
questa cosa per me sarà il colpo di grazia, con quello che già vedo
ogni giorno in casa di riposo. Io non posso occuparmi di lei dopo
l'intervento, perchè adesso per come sono messa già non mangio e
non dormo, non posso anche svenire ogni volta che deve fare
un'iniezione. Io NON VOGLIO essere presente quando questa cosa
succede.”
Non
penso che per l'Uomo sia stata una passeggiata, ma alla fin fine è
andata proprio così: io sono rimasta a Genova a reggere mia madre
che reggeva mio padre, lui è andato a Asti e ha retto intervento e
convalescenza del cane. Io non ho sbroccato, lui nemmeno. Il cane è
senza un occhio ma sta bene, e l'unica cosa che non ha funzionato è
stata la decisione di lasciarla dormire sul divano. Butteremo via il
divano, perchè, altro che di pipì di cane, il cuscino su cui ha
dormito odora di pipì di cane imbottito di anestetico. Ma tanto
dovevamo cambiarlo, e all'Ikea ci sono i saldi.
Il
2 gennaio sono successe le seguenti cose: mio padre è quasi
soffocato, il cane è stato operato e dalla comunità ci hanno fatto
sapere che possiamo riprendere a sentire e vedere la Princi.
Così
c'è stato il dopo: mio padre ha avuto una strana e terribile
ripresa, direi la terza o quarta da quando siamo entrati in questa
situazione.
Mia
madre, nel vedere la crisi di soffocamento e poi la ripresa, ha
sbarellato, e come darle torto.
Il
cane ha dormito due giorni, sorvegliato a vista dall'Uomo che cercava
malamente di rimediare al danno sul divano.
Io
ho vissuto 24 ore di intensa e profonda speranza, data dalla
comunicazione che potevamo sentire la Princi. Salvo accorgermi che,
tutto sommato, avrei di gran lunga preferito che chiamasse lei. E
che, telefonandole io, non avrei saputo cosa dire di diverso da “come
stai?/c'è qualcosa che vuoi dirmi?” che sono le mie battute tipo
di inizio telefonata da quando è successo tutto il casino. E finchè
lei risponde di no alla seconda domanda, per me il discorso può solo
arenarsi.
Così
ho posticipato, prima motivazione: la sera in cui me l'hanno detto
venivo dalla giornata più pesante di tutte. La sera dopo ero sola e
invece volevo prima parlarne con l'Uomo. E infine, la terza e quarta
sera ero con l'Uomo, ma nessuno dei due se l'è sentita. Oggi ho
finalmente chiamato Santa Maria degli Orfani. Come preludio a
chiamare la Princi. Credo.
Non
è facile prendere la decisione di chiamarla. Non è facile perchè
non siamo sicuri di cosa può capire lei, da questa iniziativa. Non è
facile perchè siamo in due e nessuno dei due vuol compromettere
l'altro facendo o dicendo una cosa nella quale l'altro non si
rispecchia. Non è facile perchè, essenzialmente, siamo davanti ad
un bivio: dichiariamo fallimento e torniamo alla nostra vita di
prima, o ci facciamo coraggio e riproviamo a fondare una famiglia con
lei. E non siamo sicuri di cosa ce la sentiremo davvero di scegliere.
Domani
però si ricomincia, si ricomincia tutto: la scuola, i contatti con i
servizi sociali, gli affari, gli impegni. Il cane ha finito il ciclo
di iniezioni, mio padre è sempre lì, a volte più di là che di
qua, a volte più di qua che di là, mia madre sembra sia tornata in
trincea, ed è giorno feriale. Non ci sarà modo di rimandare
ulteriormente molte cose che ho detto a tutti di fare senza di me in
questi venti giorni. E sarà necessario anche andare avanti con
progetti a lungo termine, pur sapendo che da una settimana all'altra
è praticamente impossibile fare previsioni, perchè prima o poi
verrà sconvolto tutto, da un altro crollo di mio padre, da un altro
crollo di mia madre, da una decisione dei servizi sociali, o da una
perdita di tempo dei servizi sociali, da una frase della psicologa o
della Princi o mia o dell'Uomo o della mia preside che, lo sappiamo
tutti, spera nemmeno troppo segretamente che io torni dalle ferie
orfana di padre, così non deve darmi altri permessi familiari.
Alla
fin fine mi sembra di poter solo andare avanti ora per ora.
Con
le poche e sconfortanti informazioni che ho da Santa Maria degli
Orfani a proposito della Princi, di come sta, di cosa fa, di cosa
dice, francamente, non so se riportare la sua presenza nelle nostre
vite adesso sia una buona cosa, per noi e per lei. E questo, purtroppo, si deve decidere, senza viverselo ora per ora, ma scegliendo se rischiare o no.