giovedì 28 novembre 2013

Vicino a te 2 - Cose da imparare

Per il prossimo quadrimestre, le attività della famiglia saranno organizzate in modo da farti imparare

...a apparecchiare e sparecchiare sempre e senza fartelo chiedere, visto che io cucino e l'Uomo lava i piatti

...a togliere (porcaccia zozza) TUTTO dalle tasche dei vestiti PRIMA di metterli a lavare, compresi: accendini, monete, anelli, orecchini

...a non tappare il wc con gli assorbenti interni

...a girare sugli autobus senza prenderli a caso, ma azzeccando la linea e la direzione giuste

...a gestire i soldi

...a gestire i no

...un minimo di matematica, inglese e scienze

...a non far trasparire sulla faccia in modo inequivocabile che pensi peste e merda di qualcuno

...a metterti la sveglia

...a usare il telecomando di Sky

...a riferire delle indicazioni in modo chiaro

...a chiamarmi quando hai paura

...ad addormentarti con la luce spenta

...a non credere sempre che ci sia qualcuno sotto il letto, soprattutto perché ci vuole un contorsionista cinese di quelli bravi per nascondersi in un cassetto Ikea

...a perdonare le cazzate delle tue amiche

...a stroncare i tipi che non sono in grado di offrirti una relazione decente

...a non giocare al divide et impera con me e l'Uomo

...a conoscere il resto di questa strana, non sempre biologica famiglia

Vicino a te 1 - Sì no sì no no sì

No non puoi fumare più di cinque sigarette al giorno e
sì una sigaretta girata con tabacco fortissimo vale almeno due sigarette normali quindi
no per stasera hai fumato abbastanza

Sì puoi uscire con Chico Bimbominkia ma
no non puoi evitare che io ti faccia presente che è un idiota e
sì l'abbiamo notato tutti che se non lo chiami tu il coglione non ti si fila nemmeno con un sms

No non puoi avere Facebook perché per te è rischioso e
sì potrai avere WhatsApp ma solo se sarà ancora possibile parlarti e guardarti negli occhi senza doverti abbaiare di spegnere la chat

Sì ti ricarico il telefonino ma
no non ti pago un'altra promozione finchè non ti gestisci bene quella che hai

No non ti porto in comunità a salutare ma
sì puoi chiamare i tuoi educatori con il mio cellulare per raccontare che il tuo primo giorno di stage è andato bene

Sì puoi tagliarti i capelli come un guerriero masai ma
no non puoi chiedere a papà di essere d'accordo e
no non credo che la tua assistente sociale apprezzerà ma
sì voglio che tu possa esprimerti


domenica 24 novembre 2013

Emigranti


Ci sono situazioni, quando sono sola, che sono deputate a rimuginare sulle cose dolorose.

Per esempio, i viaggi in macchina sono il momento giusto per elaborare lutti, separazioni, amicizie e amori che non sono più, amori che non furono mai, liti con il consorte, rabbie varie. Possono servire allo stesso scopo anche cucinare, farsi la doccia, pulire il terrazzo, portare il cane. Cioè, non che io pensi sempre e solo a cose buie o mediti vendetta ogni santo giorno, ma per dire, se ci sono questioni difficili, ognuna si trova il suo momento. Portare il cane e riflettere su eventuali falle del rapporto coniugale. Farsi la doccia e sciogliere nel sapone lo sporco e anche il lutto.

Lavare i piatti, da sempre, è inesorabilmente associato alle grane con la famiglia d'origine. Credo che questo spieghi perchè assolutamente mi rifiuto di farlo, a meno dei seguenti casi: 1) totale assenza del marito per più di un giorno 2) malattia del marito per più di un giorno 3) prolungato soggiorno in casa di vacanza lontano dalla famiglia medesima.

Di recente i piatti li ho lavati un po' più spesso, non fosse altro perchè siamo diventati tre, a volte mangiamo in orari diversi l'uno dall'altro, e sporchiamo molto di più.

E ogni santa volta mi sono stupita di come mi tornasse in mente, proprio appena insaponato il primo bicchiere, tutto un ordine di problemi e di questioni che ormai, nelle mie giornate, non ha assolutamente più spazio.

Dire, adesso, che ho vissuto schiava per anni, sembra come raccontare la storia di un'altra donna. Schiava in presenza, schiava a distanza, schiava quando non riuscivo a dormire o a godermi una domenica a casa, schiava quando passavo tutte le ore libere in autostrada, schiava ogni volta che ho mangiato una brioche stantia o un rettangolo di focaccia al posto del pranzo o della cena, schiava ogni volta che ho fatto benzina, schiava delle decisioni prese senza voler sentire pareri, schiava dei ricatti psicologici, schiava dei bisogni reali, schiava delle molte e molte emergenze. Schiava di un sistema ben oliato e organizzato, che da febbraio scorso è esploso. Perchè io mi sono sottratta. E pensare che, a rigor di termini, io mi sarei potuta sottrarre in tanti altri momenti: quando sono andata a stare da sola, quando sono andata a stare con l'Uomo, quando ho cambiato città, quando mi sono sposata, quando l'Uomo ha iniziato a fare due mestieri. Quando ho capito di dovermela cavare da me se avevo un problema, perchè il rapporto ormai aveva cambiato segno, non sarebbe più stato dare e prendere, ma solo dare. O decidere di non dare più. Che è quel che ho fatto a febbraio.

Adesso ci vogliono quelle rare volte in cui insapono bicchieri per pensare a tutto questo e domandarmi se è successo davvero: eppure ne ho ancora intorno i segni. Sul contachilometri della macchina. Nella tiroide danneggiata. Nelle centinaia di euro spese in colloqui psicoterapeutici. Nel rapporto ancora difficile e spesso lacunoso con l'Uomo, che oggi, passate le troppe emergenze, mi rinfaccia tutto quel che prima, con parenti in punto di morte, gente da accudire in ospedale, devastazioni varie, non poteva farmi notare. Ora non me ne passa una, esagera, lo sappiamo bene entrambi, ma tant'è.

Certo, ora sono state stabilite con chiarezza distanze, posizioni, priorità. O almeno, io ce le ho chiare e sono quelle di una donna adulta che non può continuamente voltarsi indietro, perchè la sua presenza, la sua lucidità e tutte le sue migliori risorse servono, qui e ora, per preparare i prossimi passi in avanti: quelli della Princi, come figlia, come studentessa, lavoratrice, donna; e i nostri, come famiglia, come coppia, come genitori. 

Non voltarsi, come tutte le scelte, ha un prezzo. Ed è a quel prezzo che penso sciacquando pentole. Ma è pazzesco come il detersivo sulle mani, la spugnetta, le bolle, il rumore dell'acqua, tutto concordemente gridi, canti, armonizzi in una sinfonia lo stesso concetto: che potrei essere con le mani immerse nel sapone e il suono delle stoviglie da un'altra parte del pianeta, per esempio in Germania dove mi potrei essere trasferita per lavoro, in Spagna dove potrei essermi trasferita per amore, in Nepal ove potrei essermi trasferita per motivi religiosi, in Mali dove potrei essermi trasferita per andare a lavorare in missione, in Gran Bretagna dove potrei essermi trasferita perchè avevo trovato lavoro per caso alla fine di una vacanza. E in tutti questi casi sarebbe mio pieno, riconoscibile diritto aver messo tra me e tutto quel che rappresenta il passato tantissimi chilometri, oceani, aeroporti, lingue e mondi, e continuare il mio percorso umano là dove mi trovo.

Che i chilometri tra me e la vita che comunque avrei dovuto smettere di fare siano meno di centoventi non dovrebbe rendermi meno libera di lasciare il passato indietro e smettere di voltarmi. Che mia figlia abbia la pelle diversa dalla mia e sia arrivata in questa casa con le sue gambe, con le sigarette in tasca e iscritta a una scuola superiore, nemmeno. Lei è già stata una figlia, sì, ma non in questa famiglia, e noi siamo comunque appena passati al ruolo di genitori, tanto quanto lo saremmo se fosse uscita dal mio corpo cinque mesi fa. 

Mia madre vuol festeggiare il Natale, e quest'anno anche io ho degli ottimi motivi, non solo legati all'arrivo della Princi, per volerlo fare. Quindi lo festeggeremo, di comune accordo. Solo che saremo in due pieghe spaziotemporali distinte. Io qui, adesso. Lei allora. O, forse, lei avanti. In un futuro che finalmente riguarda solo lei. E che io, fin da tempi assolutamente non sospetti, le avrei augurato meno solitario. Ma si vede che anche lei doveva partire per qualche suo Nepal, attraversare qualche suo oceano, e non voltarsi.
 
Se non fosse per la Princi, lo troverei veramente molto giusto.

martedì 19 novembre 2013

Proteine

Che poi dici c'ha i problemi alimentari e chissà che cazzo di figlia bulimica le viene su.

E tutti a dire che c'è la componente genetica e... no, direi di no, perché dovrei pensarlo, visto che mia nonna, mia madre e io, tutte uguali? Naaa ma figurati, al massimo è la componente ambientale.

Eh. Quella poi.

Boh.

Capisco poco di quel che succede, la psicologa dice che non ci devo pensare perché per me è normale incasinarmi su queste cose, comunque mi aspettavo di avere molti problemi e invece, eccoci qua, io stasera ho mangiato: formaggino, pezzettino di focaccia, e molte carote. Lei: formaggino, due mucche tritate non troppo cotte (il nostro macellaio ha un concetto di "piccolo" "sottile" "poco" che credo vada bene nella terra dei Titani, da cui gli hamburger farciti alti come torte nuziali). E pochissime carote.

E mi sono sorpresa a guardarla addormentata e pensare con gioia a tutte quelle piccole proteine rosse che si trasformano nei suoi muscoli, nella sua pelle di seta e nel suo sangue giovane.

E a dirmi che forse ho spezzato la catena.

The way


IL PROBLEMA

Tutto è cominciato con un sms.

Che ho letto di corsa mentre attraversavo un corridoio della scuola, ed a cui ho risposto tornando indietro per lo stesso corridoio, tant’è vero che la controrisposta che mi è arrivata l’ho scorsa velocemente, mentre ritornavo indietro lungo il corridoio ovest, e non me la ricordo assolutamente, perché come al solito qualcuno deve avermi parlato, e io devo aver dribblato altre due o tre persone mentre camminavo a passo di carica verso la sala prof.

Non so più cosa avevo scritto alla Frenci, ma lei mi ha risposto: “pensati come una donna che ha avuto un bambino, cosa le diresti di fare?” e io: “di riposarsi, e di fare le cose coi suoi tempi più che può… ma lei avrebbe il congedo maternità”.

E ANCH’IO LO AVREI.

Se solo mi avessero fatto firmare qualche foglio.

Invece, siccome non c’è niente di firmato, e i nostri nomi esistono solo in qualche relazione a Torino, che i giudici non hanno ancora visto, eccoci qua, a novembre, noto mese di merda per i docenti, che corriamo tutto il giorno, tutta la settimana, tutto il mese, senza più nemmeno levarci le scarpe tornati a casa, perché tanto poi dobbiamo uscire. Per la Princi e per tutto il resto.

Esemplifico. Questa settimana:

Lunedì, io: scuola - prendere Princi a scuola - spesa - pranzo - corso aggiornamento - casa cucinare - portare Princi in piscina - altro pezzo di spesa - portare Princi a recitazione - casa cena con Uomo - prendere Princi a recitazione - casa cena Princi. E avrei avuto un appuntamento a 40 km da Asti alle 19, ma è saltato.

Sempre lunedì, Uomo: portare Princi a scuola - scuola - casa pranzo lavoro su festival - Genova assemblea di condominio - rientro cena - lavoro su festival.

Domani: io scuola 3 ore prima dell’orario consueto e Uomo due. Pomeriggio io in ufficio e lui a Torino. Princi solo a cena.

Mercoledì: io scuola e gruppo lavoro di tre ore al pomeriggio e Fata Bionda. Princi scuola e psicologa a Torino, perciò treno, incrocio con l’Uomo che la porta a Torino, la riporta indietro, poi casa, poi piscina io e lei.

Giovedì: Uomo in radio, io e Princi a Genova.

Venerdì: provate a cagarmi il cazzo dopo la scuola e vi stermino la famiglia.

Sono settimane che andiamo avanti così e oltre al ciclo normale, lavoro casa spesa bucato mangiare lavarsi, ci incastriamo Genova, Torino, Milano, Casale, le visite mediche della Princi, le visite veterinarie del cane, i gruppi di lavoro, la commercialista, i progetti pomeridiani, le feste di compleanno degli amici della Princi, il cambio delle gomme per l‘inverno, una cena feriale fino alle due di notte (per carità, era una roba fighissima dell'Upper Hastiwood) e questo e quell‘altro.
 
Dopo l’sms della Frenci però io ho dato i primi segni di cedimento. Ho fatto un’influenza di stomaco senza mai fermarmi, e buttandoci pure dentro un bel fritto misto alla piemontese coi parenti. Che, arrivata all'amaretto fritto, sono andata sotto il tavolo a nascondermi tra le zampe affettuose di Gigantesco Mostro Bavoso N.3.

Più di recente, ho fatto un‘abbuffata di wafer al cacao come non ne facevo da quando avevo l‘età della Princi.

L’insonnia di notte, e la narcolessia sempre e ovunque di giorno.

Una strillata al telefono in mezzo a una corsia del supermercato.

Un paio di scoppi di pianto.

Litigate con chiunque.

E per finire, un attaccone di panico forza nove, di quelli in cui perdi ogni pudore, e ti aggrappi al marito ansimando hopaurastomalehopaurahopaurastomalestomaleaiutostomale,
e alla fine lui ti deve cambiare la maglietta come a un bambino, perché sei sudata come se avessi fatto la maratona di New York.

Eccoci qua.

Alla frutta.

E, sì, il congedo maternità ha il suo perché. Averlo e non averlo non sono la stessa cosa.

Che poi io correrei lo stesso tutto il giorno eh. Ma almeno i corsi di aggiornamento, almeno le riunioni extra, almeno le ore di progetto si potrebbero rimandare a tempi più leggeri. E magari non sarebbe necessario bruciarsi la mattina libera del martedì, per andare un pomeriggio ad accompagnare la Princi alla visita specialistica. 

E che dire dei due giorni per stare a Genova a farsi fare visita e occhiali dall’oculista e dall’ottico di fiducia, e intanto vedere i parenti e qualche amministratore, ma con calma.

E del dentista, dato che il prossimo dente che si rompe è per forza davanti, perché quelli dietro sono già sbriciolati.

Okay.

Ieri ho accettato il fatto che no, non sono una pessima madre, sono solo stanca. Morta.

L’ho detto alla Princi: “Mi spiace che in questo momento mi sembri tutto così faticoso. Passerà.”

Poi ho corso. Fino ad aver male dappertutto.

Non posso fermarmi, e non mi fermerò.


LA SOLUZIONE

Mi dispiace ripetermi, la soluzione è sempre la stessa. Un bel mavaffanculo.

Ieri: due ore di corso di aggiornamento talmente inutili e ritrite che avrei potuto io in tre minuti e mezzo riassumere quel che in novanta minuti ha detto il docente, e senza le sue pallosissime slide?
Ottimo, ho letto un capitolo del mio libro sulla cultura religiosa del Medioevo.

Stamattina dovevo lavarmi i capelli prima di occuparmi di tutta la tribù e oggi, invece che alle 12,30, devo entrare alle 09,50. Che non è bello, visto che uscirò comunque alle 16,45. E' suonata la sveglia alle sette?
Mi sono abbarbicata al cuscino e ho dormito altri dieci minuti sodi. Poi s'è svegliato il marito e, oh meraviglia, anche lui aveva sfanculato qualcuno: la sua vicepreside, che voleva mettergli due ore di supplenza dalle otto alle dieci, quando lui entrerebbe alle 9,45 il martedì. Iera era arrivato alle 21 da Genova, la richiesta di coprire la supplenza era arrivata alle 22, e lui con saggezza aveva risposto: "ma io domattina parto da Genova, non so a che ora arrivo". Così stamattina i venti minuti dopo la sua sveglia li abbiamo dedicati a sfanculare ulteriormente il resto del mondo in modo assai gradevole, tanto la Princi al mattino c'ha il sonno di un rinoceronte morto.

Dopodichè siamo andati a farci le rispettive docce, i rispettivi caffè e a svegliare la Princi. E io mi sono ficcata una pinza nei capelli ancora umidi, un cappotto sopra la tuta da ginnastica con cui avevo dormito e hop, portata la Princi a scuola, ora son di nuovo qua che mi asciugo i capelli con calma, e tento di ricordarmi chi fosse quella prima attrice troppo figa che, durante la maternità, s'era fatta beccare dai fotografi dei tabloid mentre, in pigiama e con la pinza nei capelli, andava a comprare il latte allo store. Natalie Portman? Katie Holmes? Aiutatemi.

Come in passato stava scritto accanto allo specchio del mio bagno, "ricorda: anche Julia Roberts OGNI TANTO è stanca e ha lo scazzo".

E ho deciso di prendere così ogni altro aspetto di queste tremende settimane, laddove sia possibile.

Vaffanculo is the way. Remember.





























sabato 16 novembre 2013

Fisicamente

Leggevo poco fa questo post sulla nudità negli spogliatoi in piscina, della mia come al solito molto sensata e assai poco bacchettona amica Noisette.

Riflettevo sulla fisicità. Una figlia che ti entra in casa ormai quasi donna ti fa pensare.

La Venere nera che abbiamo in casa, vabbè proprio nera no ma insomma, con padre e madre così bianchi potrebbe pure essere una somala, in un paio di occasioni mi ha dato fugace visione delle sue abbondanti bellezze. In verità erano occasioni non peregrine: in un caso trattavasi di depilazione, in un altro di visita medica.

Con l'Uomo ovviamente è un'altra cosa, stanno attentissimi a non invadere i reciproci spazi, le porte per cambiarsi e lavarsi si chiudono accuratamente e lui, se non è al mare, non si lascia nemmeno vedere a torso nudo, purtroppo quasi neppure da me. Lei, in mutande e reggiseno, presente lui non l'ho mai vista passare.

Io a casa giro in mutande, canottierine, reggiseni e babydoll, a volte scollatissimi, praticamente sempre, faccio eccezione giusto il giovedì, giorno in cui spesso l'Uomo entra in casa alle ore meno prevedibili seguito dal Granduca. Che peraltro è un uomo di una tale finezza che sarebbe capacissimo di farmi un complimento non allupato né esagerato, ma gradevole e indimenticabile, senza nemmeno mettermi in imbarazzo, e poi parlare serenamente d'altro.

Ma nuda no.

Nuda non me la sento, no.

Cioè. Noi parliamo. Parliamo molto e senza inibizioni. Abbiamo dovuto a più riprese affrontare i temi della sessualità, della contraccezione. Ne dovremo parlare ancora a lungo. Dobbiamo andare dalla ginecologa insieme. Intendendo due diverse ginecologhe, la mia e la sua, e mi sono detta che, se per rassicurarla sulla procedura è il caso che lei sia presente alla mia visita, per me sta bene. Lo decideremo sul momento, ma conoscendola sono sicura che vorrà sapere, vorrà vedere, vorrà capire, perché lei è così, lei deve sapere le cose prima per stare tranquilla (chissà di chi è figlia?).

Però
a) non mi sono mai posta il problema dei bambini in spogliatoio, devo dire peraltro che finora non ho mai visto bimbi di sesso maschile nello spogliatoio delle donne, ma molto spesso ho patito l'esibizionismo di quante girano con la sgnassa all'aria e si spalmano per delle mezz'ore olii e creme senza il minimo bisogno di girarsi di là. Io trovo che quando ti sei lavata e deodorata puoi vestirti e il resto delle operazioni è puro show, insomma io non mi nascondo dietro un armadietto per levarmi il costume e non ti chiederei mai di farlo, ma magari se non ti massaggi le tette per dieci minuti in mia presenza preferisco
b) poiché l'igiene è igiene e il cloro non fa bene, lavarsi senza costume è necessario, e sia io che la Princi preferiremmo poterlo fare in box doccia singoli, invece abbiamo la stanza docce tutta aperta e ciò ci disturba abbastanza
c) non è ancora capitato che io e la Princi andassimo a lavarci nella stanza docce nello stesso momento, e non so se ne ho voglia.

Questa è una di quelle cose che un po' mi fanno tristezza, dell'avere preso a vivere con noi una ragazza così grande: sono certa che se avessi avuto una figlia piccola avremmo fatto fior di bei bagni in vasca insieme, con la schiuma e lo shampoo e le coccole e le paperelle e la pelle d'oca e il profumo del talco.

Per questo sono molto grata alla Princi, che tende ad attirarmi nel suo letto a una piazza quando ha voglia di un bell'abbraccio, perché è una cosa che io non avrei avuto il coraggio di fare se non l'avesse proposta lei più volte, e mi piace tanto, quando la sbaciucchio tutta forte forte sul collo e lei mi fa i grattini sulla schiena, che, di solito, immediatamente dopo mi addormento di botto, come se la bimba fossi io.

Della fisicità c'è bisogno, tra genitori e figli, e sono molto fortunata a essere la mamma e non il papà. Perché anche lui prende e regala abbraccioni e bacioni, ma più spesso a lui tocca la lotta, e la Princi è cresciuta praticamente sola per le strade di Torino e poi s'è fatta due anni di comunità, perciò quando mena a volte fa male sul serio, anche se sta scherzando. Io di solito sono in un'altra stanza quando cominciano, e se sento ridere, strillare e suon di man, non mi avvicino, un po' per lasciare che questi momenti siano una cosa loro, un po' perché mi fa sempre un filino paura vedere l'Uomo, grande e grosso, che la spintona avanti e indietro sul letto o sul divano come una bambolina di pezza.

Non riesco a immaginare cosa deve essere per lei, con tutte le botte vere che ha preso prima, fidarsi così tanto adesso, ridere fino a restare senza fiato e ad avere le lacrime che scorrono sul viso acceso, ridiventare bambina per recuperare quel che s'è persa da piccola.

Chissà se lo sa, il bene che fa a noi poterla avvicinare così tanto, preparati come eravamo a metterci in casa un groviglio di problemi e paure, e testati per la prima volta su A. che aveva i nervi a fior di pelle pressoché sempre.



Anche i ricchi piangono



La Princi è nella mia vita dal 22 giugno e la mia vita è cambiata tantissimo. Decisamente in meglio.



Ma.



Io resto io. E non sono scema, le cose le vedo.



Abbiamo un sacco di problemi da risolvere, il primo è che il Chico Bimbominkia le continua a ronzare intorno e che lei da quando lui è rientrato nella sua vita non capisce più niente. Niente. Tipo che si fissa che vuole un permesso per vederlo e tu le dici no, a quell'ora e in quel posto no, e le proponi un'altra ora e un altro posto, e lei non capisce che le stai dando un'alternativa perchè è già partita in quarta.



E vuole discutere di questo a mezzanotte e quaranta.



E del cellulare, anche, vuole discutere, e lo vuole fare la sera che tu sei rientrata alle sette e devi ancora lavarti i capelli, asciugarli, cucinare, mangiare, darle da mangiare, vestirti truccarti uscire e essere a teatro alle nove per l'unica sera in cui esci con tuo marito. E ne ha discusso poche ore prima con il papà, solo che lei usa ancora la tecnica del divide et impera che funzionava bene con gli educatori della comunità. Che con noi non funziona. Ma siccome tu questa settimana non ti sei fermata un attimo e dai visibili segni di cedimento strutturale, ci riprova con te, e alza pure la voce.



E il secondo problema è che io sono alla frutta. E' il secondo weekend che ho un crollo verticale delle forze. La volta scorsa sono scappata in montagna da sola. Stavolta sono da sola qua e loro sono in montagna. E non è che fosse precisamente questo il piano di battaglia, quando abbiamo detto “facciamoci una famiglia”.

Per carità, domattina li raggiungo eh. Ma insomma.



Poi ci sono un sacco di altre cose, o forse dovrei dire di altre persone: la Princi di tre anni che deve essere coccolata, quella di sette che deve essere accompagnata al primo giorno di corso di nuoto, quella di sedici che non si rende conto di assumere un tono da far prudere le mani a un santo, quella di ventinove che ragiona in modo maturo sulle cose, quella di dieci che ride come una pazza, quella di cinque che “mamma ho fame”, quella di dodici che “non so cosa mi sta succedendo”.



E ci sono questi due quasi quarantenni che si arrabattano per starle dietro e non trattarla comq una seienne su cose che deve ormai gestire da sola, né come una ventenne su cose che non ha mai fatto prima e che la spaventano.



Okay ve lo dico, tanto ne sapete certamente qualcosa: è bellissima questa avventura, ma sono del tutto schiantata dalla fatica, e lo è anche l'Uomo, e in più, quando non siamo esauriti, siamo nostalgici e anche un po' rancorosi. Tipo “ti ricordi quella volta in Toscana che non ci siamo persi cercando il ristorante?”, tipo sforzarsi di non pensare a quando la domenica pomeriggio la passavamo a letto, tipo “tu non mi corteggi più” e tipo “tu sei sempre stanca”.



Non si dice che era meglio prima, che non vediamo l'ora di un dopo. Si dice solo che è molto difficile, delicato e faticoso adesso.



La sintesi sta nella frase che io ho detto stamattina asciugandomi le guance dopo abbondante pianto: “Io adesso non me la posso permettere mezza giornata in cui sto al buio perchè ho l'emicrania, perchè in quella mezza giornata devo esserci, essere operativa per mettere dei paletti, stabilire delle abitudini, evitare degli errori, e lo devo fare ORA perchè poi sarà troppo tardi”.



Insomma, quel che si passa normalmente coi figli, in varie fasi, direi. Ma concentrato in poche settimane, e con tutte queste figlie di età così diverse che ci girano per casa.



Poi va beh, grazie a Dio ci sono le sere del corso di nuoto.



C'è andato l'Uomo questa settimana, tanto io ero devastata da una massiccia perdita ematica che non ha per nulla aiutato a tenere botta durante le corse settimanali, e la sua reazione è stata uguale alla mia: passare quarantacinque minuti a palpitare d'orgoglio e non perdersi un gesto, mentre il nostro pesciolino color rame diventa inesorabilmente bravissimo. Nonché, aggiungerei, stare seduti quarantacinque minuti in un posto dove si sente rumore d'acqua, c'è abbastanza silenzio, non bisogna fare niente e non si possono usare i telefoni. All'incirca il paradiso.

venerdì 8 novembre 2013

Promemoria sempre utile

Poiché
non ho ancora capito cosa sono esattamente
poiché
sono stata un'amica nanofree per tanti anni e se continua così lo sarò per tutta la vita, dato che gli unici pannolini entrati nella mia vita con S. sono degli Obi super
poiché
sono stata quella che poteva uscire e decidere all'ultimo di non rientrare per cena, mentre le amiche erano in cucina a girare pappine per bimbi di varia taglia
poiché
sono stata quella che veniva invidiata per le sue vacanze al mare nanofree quando avrebbe tanto voluto devastarsi di smagliature e ragadi
poichè
non so assolutamente cosa pensino di me le mie amiche senza figli, con figli in età di pannolino, con figli in età di capriccio, con figli in età di primi compiti delle vacanze, ora che io sono alle prese con cose che loro devono ancora vedere tipo cellulari, lunghezza delle minigonne, ragazzi e sigarette,

ritengo sia in ogni caso bene divulgare una riflessione intelligente:
http://tiasmo.wordpress.com/2013/11/08/10-cose-che-prometto-di-non-fare-a-una-amica-senza-figli/#comments
...e soprattutto, leggete i commenti.


mercoledì 6 novembre 2013

Genetici e acquisiti

La migliore accoglienza alla vostra ragazzina in affidamento/al vostro bimbo adottato non la farà mai la vostra amata madre, né il papà che vi porta in palma di mano da quando eravate bambini o il fratello o la sorella con cui siete cresciuti. Scordatevi le scene strappalacrime tipo film.
Il commento più gettonato sarà: "Ah". Non è detto che sia pronunciato in tono scontento o ostile. Ma non saranno probabilmente molto loquaci.

Per vedere una scena di grande impatto emotivo, vi conviene invece provare a rivolgervi, in ordine sparso, a:
- secondi mariti / mogli
- zii veri o finti, tra cui annotiamo anche eventuali primi/e mariti/mogli di parenti che tutti detestano ma voi continuate segretamente a frequentare perché vi trovavate bene
- cugini di sedicesimo grado
- amici
- dipendenti
- colleghi
- medici di famiglia
- fidanzati di parenti che non si sa quanto dureranno

E tenete ben fermo che la migliore chiacchierata sugli aspetti più profondi dell'adozione la farete senz'altro con un conoscente occasionale o addirittura un compagno di scompartimento nella tratta Milano Centrale - Venezia Santa Lucia.

Intorno alla Princi si sta formando una famiglia bellissima, quasi tutta di gente che non è per un cazzo nostra consanguinea.

Tipo lo Zio Granduca.
Che era seduto sul nostro divano il giorno in cui sono tornata a casa e l'Uomo mi aspettava per dirmi che sarebbe iniziato il percorso di preaffidamento. Cioè quando ancora io e la Princi non ci eravamo mai incontrate. E poi era presente al suo compleanno. E poi in vacanza in montagna. E poi le porta i regali dai suoi viaggi. Lo Zio Granduca non lo conosciamo nemmeno da due anni interi, ma è come un fratello. E ha un figlio maschio che potrebbe essere il fratello minore di S., e si vede tanto che lui sarebbe stato un ottimo paparone per una ragazzina. La adora. Ricambiato. Allo stato attuale delle cose, se io e l'Uomo domani fossimo spazzati via dalla caduta di un meteorite, sarebbe opportuno dare la Princi in affidamento a lui.

Tipo lo Zio Giò, che altri non è che Sanguedelmiosangue, e lui sì che è della famiglia in senso stretto, ma è anche così tanto della famiglia che gli sta stretta la definizione di cugino e quindi si è autonominato mio fratello. In effetti secondo me se facessimo l'esame del DNA scopriremmo che si somigliano di più i nostri due che il suo e quello di sua sorella. E lui e la Princi si amano tanto, dopo le gare di rutti in montagna, che lei ha deciso autonomamente che cugino è troppo poco e quindi è uno zio.

Tipo la Zia Diavolessa e lo Zio Manzo. Che, essendo alla porta accanto, costituiscono per me la magnifica sicurezza che, se un giorno perdiamo le chiavi di casa, o la Princi arriva da sola e io ho bucato una gomma da qualche parte nel Monferrato, per lei ci saranno comunque sempre un piatto caldo, un tetto sopra la testa e un televisore puntato su tutti quei programmi che io e l'Uomo non le facciamo assolutamente vedere. Tipo "Cucine da incubo", "Malattie imbarazzanti" o "Sedici anni e incinta". La Diavolessa crede fermamente che parlare con i figli sia l'antidoto perfetto a qualunque cosa, e le bimbe stan venendo su bene, quindi ha sicuramente ragione lei: ma io non ho voglia di parlare proprio di "Sedici anni e incinta", né con la Princi né con nessuno.

Tipo il Suocero Aggiunto. O il Chitarrista. O la Fata Romena. Tutte quelle persone che gravitano intorno alla nostra vita e, vuoi perché sono adottati pure loro in qualche modo, vuoi perchè non hanno aspettative tipo rivedere le fossette della zia, il taglio d'occhi di papà o il naso del nonno in un nipote o un cugino, si illuminano di gioia quando parliamo di S.

Il sangue è importante, lo so. Lo sento anche io il buco, l'assenza del legame molecolare, quando guardo mia figlia, che è bellissima e non mi assomiglia per niente. E lo butto lì come battuta (da quando l'altra sera, povera gioia, sosteneva che mamma Demi Moore e figlia Miley Cyrus in un film "sembriamo proprio noi due" - e grazie mille per aver detto che "sembro proprio" Demi Moore, forse dopo che ha mangiato trenta chili di gommapiuma ed è stata investita da un SUV): "Che bella che sei. Come ho fatto a fare una figlia così bella?"

Però l'altra sera ha fatto la sua prima lezione di nuoto. E io la guardavo dalla tribuna e pensavo ai miei allenamenti di nuoto da ragazzina. E vedendola prendere confidenza con l'acqua e coi movimenti mi è uscito mentalmente un "ma guarda com'è portata, come le piace... e' tutta mia figlia..." che mi ha fatto venire giù dei lacrimoni grossi così. E menomale che ero l'unica presente sulla tribuna della piscina dei principianti.

A me piace essere una mamma acquisita. Non so come sia essere una mamma genetica. Ma per il momento non me ne potrebbe fregare di meno. Non credo che se fossero sedici anni che vive con me, se fosse uscita dal mio corpo, mio marito adesso certe sere ci troverebbe addormentate in letto abbracciate strette.