domenica 1 settembre 2013

Nottatine

Pensavo di regalare all'Uomo e a me stessa una collezione di t-shirt, felpe e maglie a maniche lunghe con la scritta
 
 
Siamo una
FAMIGLIA AFFIDATARIA:
di annoiarci abbiamo finito, mi sa
 
Abbiamo fatto la conoscenza di un pronto soccorso nuovo. Oltre che di diversi livelli di incazzatura, spavento, incredulità.
 
La Principessa proprio le sta mettendo sul piatto tutte per farci defecare sanguinando, se mi passate l'elegantissima espressione, del resto ho studiato nel miglior liceo classico della mia città natale, non posso non essere lessicalmente puntuale, vi pare?
 
L'altra sera, si è fatta venire una sincope. Ospedale di cittadina sconosciuta, l'imbarazzo di spiegare chi siamo e cosa ci facciamo lì, di dover attendere fuori, di nuovo puzza di vomito da lavare via dai capelli, come quella volta con A. (è un must, nella maternità? credevo succedesse solo con gli infanti dediti al rigurgito acrobatico, e invece...) e strade di campagna avanti e indietro , con tanto di nebbia, anabbagliante che non funziona, serbatoio in riserva spinta e cinghiale morto in mezzo alla carreggiata, fino alle 01,30. Minchia.
 
Il giorno dopo, misteriosamente, pur avendoci invocati al suo capezzale nel momento del bisogno, decide di non vederci. Io subodoro.
 
Poi ieri sera.
La voce completamente alterata dalla rabbia. Il pugno nel vetro della finestra, roba da tornare al pronto soccorso a gran velocità a farsi dare dei punti, ma lei no, lei se la cava con un graffio. Però la finestra è rotta, e non abbiamo ancora discusso con lei di quanto è CRETINO rischiare di svenarsi o recidersi un tendine picchiando un pugno nella finestra. Discorsi deliranti, simulazioni di malessere, i carabinieri con la voce grossa, atteggiamenti privi di qualsiasi senno, altri chilometri in collina nel cuore della notte per raggiungerla, e lei poi se la coniglia perché sa che se viene a casa da me l'aspetta una bella strigliata. L'Uomo, quando è tornato da Ca' di Lupo, dove era salito invano per prenderla, era FURIBONDO. Io ero così incazzata che fluttuavo placida nell'aere al di là della mia stessa incazzatura, insieme ad un certo numero di divinità irate della mitologia tibetana, quelle vestite con il gonnellino di teschi, avete presente?
 
 
 
Il punto non è che ha sedici anni. Il punto non è che i sedicenni facciano, pensino e dicano cazzate in modi che sembrano quasi surreali. Il punto non è che povera bambina ha avuto una vita tanto difficile. Il punto non è che la comunità non è il posto migliore del mondo per mantenere l'equilibrio mentale.  
 
Il punto che vorrei discutere qui con voi è la distanza. Perché se tua figlia fa una riga di cazzate come questa, ed è nella sua stanza bianca con il copriletto verde mela, la stanza di fianco alla tua, tu puoi fare le seguenti cose:
 
- parlarle
- gridarle
- abbracciarla
- tenerla ferma prima che si faccia male
- farle una tisana
- mollarle due ceffoni
- prenderle una mano
- mandarla a dormire senza cena
- darle cena a un'ora assurda, dopo che si è calmata
- rimboccarle le coperte
- darle le gocce calmanti
- controllare che dorma
- svegliarla
- parlarle
- gridarle
- abbracciarla
etc.
 
Se invece sei a casa, è notte e lei è a trentacinque chilometri di curve da te, insieme a
- alcuni ospiti della comunità che non c'entrano niente
- altri ospiti della comunità che invece hanno montato su la rivolta con lei
- educatori
- carabinieri
e tu non puoi fare altro che fartela passare al telefono (che lei peraltro tenta di riattaccarti in faccia - e sarà la prima e ultima volta che lo fa, poverina, bisogna passargliela, non ha mica ancora capito con chi ha a che fare, qua)
 
... allora capisci la distanza siderale che separa QUESTA esperienza di genitorialità dalle altre.
 
E ti senti proprio un po' male.
 
Stamattina molto presto mi sono svegliata da un brutto sogno e avevo l'Uomo addosso, accoccolato stretto dietro la mia schiena. Non saprei quando possa essere datata l'ultima volta che, nel sonno, ha cercato conforto nella mia presenza in questo modo. Mi sa che anche lui si sentiva proprio un po' male.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


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