Oltre ad essere manesca,
fedifraga e ovviamente inesperta, sembro, e probabilmente sono, una
madre deplorevole anche per il fatto che non racconto più niente da
mesi, su questo blog.
Il che va ascritto però
non solo al mio stato di grandissima agitazione interiore dovuto alla
disastrosa primavera, ma anche al fatto che le cose tra noi e la
Princi in ogni istante cambiano, evolvono, e contemporaneamente si
radicano e si innervano nella quotidianità.
In questi mesi la Princi
ha terminato il suo corso da parrucchiera, con buoni risultati. Si è
fatta dare il benservito dalla sua datrice di lavoro dello stage, che
a più riprese le aveva proposto di restare come apprendista. Ha a
sua volta dato il benservito al Bimbominkia, e per ora, sebbene mi
abbia parlato di enne alla miliardesima bei ragazzi interessanti, non
sembra averlo sostituito con un altro titolare. E' uscita
definitivamente dalla comunità. Vive da noi. Ha fatto l'animatrice
dei più piccoli al centro estivo della parrocchia di Paesino a
Punta. E' stata arruolata come animatrice (ma non è stata per nulla
utile in tal senso) al campo estivo della parrocchia medesima, dove
si è portata anche me, in veste di mamma ad interim di 90 minorenni.
Infine è partita con noi per la montagna.
Non penso siano queste le
cose che contano, però. Penso che quel che importa siano tutti
quegli indimenticabili attimi di cui non ho scritto sul blog, sebbene
mi traversasse il cervello, veloce come una stella cadente, il
pensiero che avrei dovuto immortalarli.
O, ancor di più, tutte le
abitudini che ora contraddistinguono la nostra vita.
E i lunghi discorsi che
facciamo.
Non si raccontano
facilmente queste cose.
Come potrei trasmettere il
momento in cui l'ho vista alla stazione che mi aspettava, la sera del
giorno in cui è morta la mia collega, e il mio spirito completamente
stravolto dal dolore improvvisamente ha registrato che la sua
presenza nel mio campo visivo era meravigliosa e consolante, persino
in una giornata come quella?
Come si racconta
l'abbraccio che ci siamo scambiate, senza fiato, così forte da farci
male, con le unghie piantate nelle spalle, il giorno che ci hanno
finalmente fatto firmare l'affidamento?
Come si dice in parole la
sensazione che provo quando io penso una cosa e lei un attimo dopo
apre la bocca e non solo la dice, ma usa le parole che avrei usato io
o a volte addirittura azzecca definizioni ancora più calzanti?
L'altro giorno mi ha
chiesto: “Ma io vorrei sapere: tu, quando ti chiedono com'è tua
figlia, cosa dici?”
Io ho pensato un attimo.
Non le ho detto la prima risposta che mi è venuta in mente: “che
sei una tigre, come me”.
Le ho detto: “Che mi
assomigli moltissimo.”
Poi ho precisato: “Di
solito, per prima cosa dico che sei grande, che hai diciassette anni.
Poi che sei bella. E dopo, che hai un caratterino, che mi assomigli
più di quanto sia credibile. E che la parola tranquillità è uscita
dal nostro vocabolario, da quando ci sei tu.”
L'Uomo la guarda con un
misto di tenerezza per tutte le sue piccole vittorie e di fastidio
per tutti i suoi piccoli fallimenti, è spesso teso, si vede il bene
che le vuole, ma anche la fatica che fa. E' preoccupato. Ma si occupa
di lei con un'attenzione enorme e per lei non è mai stanco.
Lei lo guarda come se
vedesse la cosa più bella dell'universo. Pende dalle sue labbra. Ha
imparato a non chiedere perchè ha l'umore che ha. Ha chiesto a me,
varie volte. Ha preso per buone le mie risposte. Lo rispetta, molto
più di quanto rispetti me.
Io e lei ci diamo per
scontate, molto spesso. Posso ancora giocare qualche volta la carta
“ehhh... la mamma vede!” e stupirla, dichiarando che “secondo
me” ci sono delle cose che non ci dice, e poi azzeccandole al
millimetro. Il che la lascia a bocca aperta.
Io non so se l'Uomo stia
registrando quanto è cambiata dall'anno scorso, o se veda solo che
non sa la tabellina dell'otto e che non si sa regolare coi soldi. Io
vedo tantissimi passi avanti.
Lavoriamo con un impegno
maniacale al suo ingresso nella nuova scuola, a settembre. Studiamo
inglese, storia, italiano e matematica. Fa progressi minuscoli che
per me sono enormi, per il solo fatto di essere quotidiani.
Acquisisce sicurezza e lessico, amplia le sue vedute. Parla di andare
a fare le vacanze studio in Inghilterra. Da quando siamo in montagna,
si è fatta raccontare qualche volta cosa leggiamo noi. Ha chiesto
cose di ogni tipo, complice il fatto di avere tutti tanto tempo a
disposizione:
“Come lo prendono il
sale dal mare?”
“Com'è fatta una
seggiovia?”
“Chi è Giancarlo
Giannini?”
“Quello è un cervo?”
“Quando è stata scritta
questa storia? Ma è una storia vera?” (parlava di “Romeo e
Giulietta” che le avevo appena raccontato)
Ma soprattutto, una volta
al giorno, di sua spontanea volontà guarda un telegiornale e a volte
lo commentiamo insieme. Questo non glielo ha proprio chiesto nessuno,
nemmeno indirettamente. Eppure, di colpo, lo fa. Cerco di pensare
quanti anni avevo io quando ho iniziato a seguire sistematicamente le
notizie dal mondo e non solo i singoli flash. Forse avevo appunto la
sua età.
E il fatto è che io
ultimamente penso molto spesso “avevo appunto la sua età” quando
lei fa o dice qualcosa, perchè sta, nel giro di poche settimane,
bruciando tappe e raggiungendo traguardi che ricalcano i miei, i
nostri.
Stasera l'ho portata a
cena con Cavallino, la sorella grande di Cavallino e i loro
rispettivi coniugi e figli. Età dei figli: sette Orsetto di
Montagna, e dieci e tredici i due nipoti di Cavallino. Perciò il
settenne e il decenne dopo un po' erano in braccio ai papà a giocare
coi telefonini, mentre il tredicenne ascoltava rispettoso la
conversazione delle mamme, e lei era coinvolta in questa, essendo
appunto ormai una signorina. Cavallino, che mi conosce da venticinque
anni e ha attraversato con me (o meglio, io ho attraversato a casa
sua, delle sue sorelle e di sua mamma, professoressa di Lettere)
appunto quell'età meravigliosa e tremenda dei diciassette, ricordava
i nostri pomeriggi di studio. Il nipote tredicenne sta per iscriversi
al classico nella nostra scuola e nella nostra sezione. La Princi
parlava (anzi, rispondeva a domande! In mezzo a estranei!) della sua
scelta della scuola superiore e intanto, discretamente, teneva
d'occhio i due più piccoli e osservava di sottecchi il più grande,
troppo bimbo per parlarci alla pari, troppo grande per trattarlo come
gli altri due. E' stata una serata bellissima.
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